Lo spazio neutro: una mente che accoglie. Riflessioni

Lo Spazio neutro – Presentazione preordinata
18 marzo 2017

Vorrei iniziare questo mio intervento rivolgendo un sentito ringraziamento ai relatori di questa mattina per i contributi e i molteplici spunti oggi presentati, intendo spendere qualche riflessione sull’importanza di questo evento, la cui realizzazione è stata merito degli organizzatori in particolare di Maria Paola Martelli che da anni si propone in modo attivo verso queste occasioni ed aperture interdisciplinari.

Questa opportunità ha permesso infatti non solo il raffronto tra esperienze e professionalità, ma anche la possibilità di svolgere un confronto ed una visione integrata tra le diverse discipline.

Ogni professionalità rispetta una propria sintassi e circoscrive un campo di azione oltre il quale subentrano altre competenze oggi in merito al tema trattato, abbiamo seguito l’avvicendarsi, che, come nel passaggio di un testimone, ha consentito di percorrere diverse declinazione del significato di tutela nell’interesse superiore/preminente del bambino.

Inoltre il presente seminario ha dato l’opportunità di mettere in evidenza, così come si coglie nel lavoro di Margherita Bettoschi, un’applicazione dello strumento osservativo – il metodo di I. O. – riadattando il campo ad un nuovo scenario, in cui la centralità è posta sul flusso del comportamento spontaneo del bambino in una situazione di vita emotivamente pregnante ma estranea alla logica delle naturali relazioni.

Solitamente infatti lo scenario osservativo riguarda il “luogo quotidiano di vita del bambino non solo in termini spaziali ma anche relazionali ovvero inteso come il regolare corso dello scambio relazionale con la madre ed il padre” un contesto familiare.

A tale proposito mi soffermerei nuovamente sul concetto di spazio neutro cercando di estendere ulteriormente la riflessione già anticipata nel lavoro di Nella Sciarrino sulla interscambiabilità nell’uso dei termini di “spazio neutro” e “Incontri Protetti”, in una prospettiva trasformativa rispetto accadimenti disfunzionali.

I due termini definiscano due scopi specifici:
di neutralità
di protezione.

Lo S.N. si qualifica cioè per una prospettiva riparativa insita nel termine stesso ovvero nella neutralità/estraneità rispetto alla disfunzionalità nel rapporto fra genitore e figlio oltre che in una prospettiva di tutela del minore (sia nei termini di mantenimento di una continuità affettiva sia per interruzione di un inadeguato accudimento). Affinché queste condizioni si realizzino è necessario che il campo relazionale perda il connotato di “familiare”.

Lo spazio neutro entro il quale si svolge l’incontro protetto, pertanto costituisce l’occasione per sperimentare un nuovo momento di scambio, quando può essere tollerata l’introduzione nel campo relazionale, di qualcosa di ignoto.

Lo spazio neutro diviene un luogo straniero dentro cui adagiarsi a condizione che ne venga riconosciuta un senso di appartenenza (da parte di genitori e figlio) e non, si spera, un vissuto di estraneazione.

Il primo inquilino di questo nuovo spazio mentale e fisico è la mente dell’operatore che ne predispone tempi, modalità di scambio e ritmi al fine di favorire il bisogno di accoglienza di sicurezza e di rassicurazione del bambino e dei suoi genitori.

Date tali premesse possiamo accomodarci anche noi pubblico, così come davanti allo spazio Bianco introdotto da Nella Sciarrino, testimoni di uno scenario rappresentativo coinvolgente che fa risuonare in chi lo ascolta varie sensazioni, perché catturati dentro alle vicende di vite nel mentre esse accadono, proprio come fossimo diventati per un momento osservatori nei termini di Ester Bick.

Infatti i principi applicativi della I.O. ci accorgiamo corrispondono ai seguenti criteri:

  • focus rivolto al flusso naturale e spontaneo dell’interazione del bambino.
  • importanza del rapporto emotivo che si stabilizza fra chi osserva e chi osservato
  • l’uso dei fenomeni emotivi (transfert/controtransfert) usati in modo conoscitivo
  • l’immersione dell’osservatore in un’esperienza nel cui processo di conoscenza si realizza mediante la partecipazione intima ed emotiva traghettata dal rapporto madre bambino o come Margherita Bettoschi ci ha mostrato da quello scarto posto dall’assenza di ricettività sintonica della madre, (l’assenza di una reverie tipica della preoccupazione materna primaria Winnicott).

La pratica osservativa introdotta da E. Bick è diventata oggi parte integrante del training formativo di molte scuola psicoanalitiche internazionali in quanto assegna strumenti per la decodifica di un processo attraverso il quale l’osservatore apprende, tramite l’esperienza, a percepire la peculiarità e le modificazioni di una relazione colta allo stato nascente.

Attraverso il traninig formativo si modella nella mente una dimensione di ricettività, di tolleranza di non sapere, di sostenibilità della confusione; si impara ad acquisire informazioni da quanto osservato, a leggerne nessi oggettivi e pertanto condivisibili. Consente di percepire e assorbire una curiosità sulle cose senza venirne travolti.

Sappiamo bene come questa condizione mentale vada allenata e che può diventare un utile assetto in tutte quelle situazioni in cui si tratti di vicende umane fra genitori e figli.

All’interno dello spazio neutro, così come in qualsiasi altro contesto conflittuale, infatti, si possono attivare molteplici incertezze che possono contagiare, scoraggiare e col rischio di reagire con la collera (nei genitori, nel bambino negli operatori) o con altre manifestazioni emotive, come facile difesa contro la sofferenza.

Prima di concludere troverei utile aggiungere due considerazioni importanti sui fattori protettivi e sui fattori di rischio delle condotte genitoriali affinché vi sia maggiore margine di successo sulla efficacia di un intervento in cui vi siano coinvolti i genitori.

La letteratura (Dr.ssa De Balsio – Dr.ssa Miragoli) invita a correlare i fattori protettivi ai fattori di rischio riscontrabili nelle capacità genitoriali.

È importante riflettere in modo attento quanto sia opportuno anteporre percorsi riabilitativi verso quei genitori invischiati in stili di vita con prevalenza di fattori di rischio prima di orientare l’investimento di risorse su percorsi che attivino false aspettative sul figlio.

Fattori di protezione (rielaborazione del rifiuto o della violenza subiti in infanzia, capacità empatiche, capacità di assunzione di responsabilità, un livello di autostima autonomia personale desiderio di migliorarsi).

Fattori di rischio (povertà cronica, basso livello di istruzione, abuso di sostanze carenza di reti, di integrazione sociale e di relazioni interpersonali, famiglie monoparentali, sfiducia verso le nome sociali e istituzionali, accettazione della violenza e delle condotte repressive come stile educativo esperienze di abuso, violenza e rifiuto subite nell’infanzia).

Sarebbe infatti utopico prospettare un cambiamento per la sola idea che un bambino lo meriterebbe!!

Non vi è dubbio che i bambini di cui si sta parlando mostrano vite costantemente dominate dal bisogno di adattarsi e di convivere con esperienze ed emozioni non-sostenibili per un minore.

Sono bambini che sono stati privati da una figura adulta che abbia svolto in maniera continuativa funzioni genitoriali tramite la presenza e la disponibilità emotiva a recepire i sentimenti del minore e a riflettere su di essi.

Sarà opportuno tenere presente come questa profonda mancanza nel bambino caratterizzerà il rapporto con gli operatori socio-sanitari spesso investiti dal bisogno di assolvere ad una funzione riparativa dimenticando che nel frattempo le risposte disadattative del bambino ne hanno compensato l’assenza.

Ormai sappiamo che lo sviluppo socio emotivo e la personalità del bambino – regolazione emotiva, fiducia in sé e autostima capacità di resilienza intersoggettività – si potranno consolidare in presenza di due variabili cardine:

1. qualità delle cure materne

2. qualità dell’attaccamento materno

Ciò conferma l’attitudine attuale di svolgere interventi preventivi e multidisciplinari Sappiamo infatti che i margini di adattamento a stili di attaccamento non sicuro concorrono all’attivazione di risposte emotive e comportamentali distorte che si riflettono nel rischio si possano personalità borderline o antisociale nei prossimi adulti del nostro paese.

Con queste riflessioni conclusive spero di aver attivato ulteriore interesse e interrogativi che rimando ai nostri ospiti ed a quesiti che vogliate porre loro.